Pavese and the disaffection of Italy

| Sat, 10/22/2005 - 05:07

Italian politics are extremely hard to understand without solid references to the main events in Italian history of the past century. Stefano Rossini, with his usual clarity of style, helps the "uninitiated" by comparing some of the thoughts and images of one of the most important Italian writers, Cesare Pavese, to the current political situation. He points out how despite all the changes that political parties have gone through, especially in the past 10 years, they are still seen through the goggles of Fascism and Communism. As ever keep a dictionary close at hand and refer to the end of the article for translations of some of the key phrases.

Poche settimane fa(1), ho finito la lettura dell’ultimo libro di Cesare Pavese “La luna e i falò”. Figura di spicco della letteratura italiana del ‘900, Pavese è uno scrittore dalla prosa limpida e avvolgente, e con un profondo legame con il mito e la tradizione. Difficilmente oggi, è possibile trovare una prosa tanto cristallina e scorrevole come quella dello scrittore piemontese. Ma questo non vuol essere un compianto per uno scrittore che sicuramente è morto troppo presto e suicida nel 1950.

Per tutto il tempo seguente, le parole della Luna e i falò hanno continuato a ronzarmi in testa(2) nonostante gli impegni lavorativi o la lettura di altri romanzi. La descrizione che Pavese fa di Santo Stefano Belbo, nel cuneese (Cuneo è nel sud del Piemonte, nella zona detta delle Langhe), dei luoghi limitrofi e dei suoi abitanti, è uno scorcio dell’Italia uscita dalla guerra di rara forza e vivacità. Da una parte i luoghi immutati, gli alberi e le terre da coltivare che si perdono nella notte dei tempi, quando per la prima volta l’uomo prese in mano un aratro e cominciò quel rapporto di amore e mito con le zolle e la spiga di grano, dall’altra la società italiana che usciva profondamente provata(3) dalla guerra civile che dall’8 settembre del 1943 sino al 25 aprile del 1945 aveva dilaniato il paese.

Ed oggi, nel 2005, ad oltre 60 anni di distanza dalla fine della guerra, l’eco delle parole di Pavese è ancora di schiacciante attualità. Gli odi e i rancori che alla fine della guerra erano rimasti tra fascisti e comunisti non si sono ancora spenti(4). Chiunque segua anche saltuariamente la scena politica italiana, spesso si stupisce di come certe parole, che per altre nazioni sono ormai relegate nel passato, tuttalpiù(5) nei libri di storia, qui abbiano ancora un peso non indifferente. Per molti, chi è di sinistra è un comunista, chi è di destra è un fascista. Non ci sono vie di mezzo(6).

Le trasformazioni dei partiti italiani non sono state proprio indolore. Nel 1991 il Partito Comunista Italiano diventa il PDS (oggi DS) il partito democratico della sinistra. Con questo gesto, i vecchi “comunisti” si staccano, dopo la caduta del muro di Berlino, dalla storia del comunismo storico, perdendo gli irriducibili che formano il partito di Rifondazione Comunista. Nello stesso modo, ma un po’ in ritardo, nel 2002, il partito di Gianfranco Fini, Alleanza Nazionale, partito da sempre legato alla destra sociale, cambia rotta, facendo ammenda sulle colpe del fascismo. Questo ha provocato un piccolo terremoto politico e la perdita di alcuni esponenti tra i quali Alessandra Mussolini, nipote del Duce.

Nonostante queste trasformazioni che hanno modernizzato le visioni della destra e della sinistra italiana, avvicinandole alle destre e sinistre europee, qui sono sempre fascisti e comunisti. La propaganda fa ampio uso di questa terminologia che ancora fa presa(7) sulla fantasia di molti (soprattutto sulla vecchia generazione che ha temuto gli uni e gli altri). Basta ascoltare le parole del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per fare indigestione di una retorica davvero anacronistica fatta di comunisti, paura dei comunisti, perdita della proprietà privata, etc.. Così come, dall’altra parte, appena un’esponente di destra esprime un’idea fuori dagli schemi, viene additato di aver svelato la sua vera natura e di aver gettato la maschera.

Torniamo alla narrativa. Il breve romanzo di Pavese è strutturato come un lungo climax. Il protagonista torna in Italia dopo aver fatto la fortuna in America e incontra Nuto, il suonatore di clarino che invece è rimasto nei suoi luoghi e ora fa il falegname. Nuto ha partecipato alla resistenza(8) e alla guerra, ma è restio a parlarne. Il protagonista, l’alter ego di Pavese, mentre passeggia per la campagna a rivedere e ricordare i suoi luoghi, spesso chiacchiera con l’amico delle difficoltà della guerra. In pochi sprazzi emergono le lotte feroci, le rappresaglie(9), i tradimenti e le viltà della guerra, ma soprattutto si percepisce che gli odi non sono sopiti, non si sono sfogati appieno. Quando l’Italia entrò in guerra, viveva ancora lo scotto del primo conflitto, il cambiamento di fronte e la mancanza di lealtà. Non a caso, da Napoleone in poi, gli italiani sono sempre stati considerati alleati instabili. Per questo, gran parte dell’entourage fascista decise di non sottomettersi all’armistizio dell’8 settembre. Ma questo portò solo alla guerra civile, in cui da ogni parte si sfogarono le più violente rappresaglie. Nelle ultime pagine, Nuto racconta di come la lotta tra fascisti e comunisti dilaniò anche il piccolo paese di Santo Stefano Belbo, rivelando un segreto che non riusciva più a tenere da solo.

Proprio l'ultimo mese (13 settembre) sulle pagine di cronaca del quotidiano La Stampa(10), un bel servizio descrive i luoghi di Pavese che sembrano aver dimenticato il grande scrittore. I cartelli che indicano i luoghi in cui visse sono ormai caduti o illeggibili, ma nessuno li sostituisce. In alcune stanze della casa natale dello scrittore è sorta una trattoria che, al contrario, di indicazioni ne ha a sufficienza. Per il resto le erbacce coprono le poche indicazioni sull’itinerario dello scrittore.

La memoria è da sempre instabile, tanto più in un paese che non ha ancora fatto onestamente i conti con il proprio passato. E purtroppo Pavese non è un esempio isolato, basta dare un’occhiata al monumento dedicato, nel luogo dell’assassinio, a Pier Paolo Pasolini. Un’opera moderna in cemento grezzo, abbandonata tra le erbacce e gli acquitrini. Ma d’altronde, come scriveva il vostro connazionale Shakespeare, “le colpe degli uomini vengono scritte sul bronzo, mentre i meriti vengono scritti nell’acqua”.

(1) poche settimane fa: some week ago
(2) ronzare in testa: litt. “to buzz in your mind”. When something “buzzes in you mind”, you still go on thinking about it
(3) provato: here, tired and tried.
(4) spegnersi: about feelings, to be dampened.
(5) tuttalpiù: at the most
(6) non ci sono vie di mezzo: there’s no other way
(7) fare presa: if an idea “fa presa” on you, it will take root on you mind.
(8) La resistenza: the Resistance Movement. The Italian resistance movement was a partisan force during World War II. The Italian partisans fought German occupying forces and the formations of the Fascist Italian Social Republic.
(9) rappresaglia: retaliation, reprisal
(10) La stampa is one of the Italy’s chief daily newspaper, printed in Torino (Piemonte)

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